"Sulla possibilità di una forma della filosofia in generale".
No, non è uno scioglilingua, bensì il titolo di un libro, un libro breve a dir la verità, che a noi matricole di filosofia, all'Università di Salerno, ci toccò studiare nel lontano 2003... L'esame era "Filosofia teoretica", tra i primi esami del primo anno... vale a dire tra quelli fondamentali, propedeutici, quegli esami di cui non puoi fare a meno, perché son proprio questi a doverti dare l'impianto teorico per affrontare tutti gli altri, predisponendo così la mente a un nuovo e più ponderato modo di apprendere, ragionare, analizzare, affermare e sondare la realtà che circonda o quella storica. Quindi: teoria sì, ma tutta immediatamente calata nel mondo concreto e reale, complesso e variegato... per trarre conclusioni, osservazioni critiche, soluzioni, ipotizzare-prevedere-prevenire nuovi scenari... Nulla di più concreto.
Poi va beh, chi è legato all'immagine del filosofo con la testa tra le nuvole e staccato dal mondo, diciamo pure che non ha mai letto una pagina di filosofia in tutta la sua vita. Non che sia obbligatorio farlo, ci mancherebbe... ma almeno, se non hai conoscenze a riguardo, abbi almeno l'intelligenza di non pensare per luoghi comuni vomitando frasi idiote, no?
Una matricola di filosofia è di per sé una persona coraggiosa, studiosa, e nella maggior parte dei casi ha scelto di fare filosofia perché ha maturato una profonda idea del mestiere di insegnante, e vorrebbe fare dell'insegnamento il suo lavoro della vita, con uno sfondo umano sempre vivo e presente. "Insegno storia e filosofia": già poterlo dire è bellissimo...
Ok. Tutte belle parole e bei concetti, che ancora oggi condivido e sostengo.
Ma 'sto libro? Vogliamo parlare di come ci ha fatto penare?
Se a distanza di 10 anni quest'opera si fa ricordare ancora è perché a suo tempo ci diede 76 paginette di motivi... Sì, questo libro ha solo 76 pagine, almeno nell'edizione italiana.
Già sul titolo si potrebbe fare una tesi a parte, ma dal profondo del cuore ve la risparmierei.
"Sulla possibilità di una forma della filosofia in generale" fu scritto e pubblicato da Friedrich Schelling nel 1794, a Tubinga, a soli 19 anni.
Già a diciannove anni "questo" scrisse la sua prima opera filosofica.
E io, nel 2003, sempre a 19-20 anni, l'ho letto invece per la prima tormentata volta.
Ora, tu, matricola di 19 anni, con tutta la buona volontà e i buoni prerequisiti che sai comunque di avere, una cosa è certa: NON hai ancora tutte le capacità per capire lo spessore e la complessità (pazzesca) di certe opere di filosofia, e questa di Schelling può costituire uno schock... un trauma da raccontare al tuo amico-studente di psicologia magari. Non sto esagerando.
Oggi, rileggendolo, da laureato magistrale, l'impressione è stata molto diversa, in positivo ovviamente, seppur con qualche residua reticenza, ma... immaginiamo ancora di essere una "povera" matricola...
Siamo nel 2003... e compri 'sto libro perché te lo devi studiare. Ok. Costa 7 euro. Dai, è pochissimo, già ti sta simpatico. In copertina c'è un'immagine, la sfinge di Nimrud, un reperto antico del Medio Oriente. Bello. C'entra pochissimo con l'argomento del libro magari, però c'è un certo gusto raffinato.
Lo apri. E scopri che fa parte di una collana di "Quaderni filosofici", diretta da...
Dal tuo docente.
Lo stesso che ti sta spiegando la lezione, lo stesso che ti spremerà all'esame.
Caxxo, pensi, qui si fa sul serio.
Sotto il titolo del libro, ancora oggi leggo quello che scrissi a matita... un solo aggettivo... "Cerebrale": fu come un responso, annotato lì, dopo averlo letto tutto.
E studiamolo allora, mi dissi fiducioso.
E allora... lo leggo, lo sottolineo, continuo a leggere...
La lettura non è facilissima, ma già ringrazio di poterlo leggere in italiano: pensa in originale, in tedesco... come sarebbe stato. Ti rendi conto che non stai leggendo Dan Brown (meno male), e che non è un "libro da ombrellone".
T'immagini al mare? "Cosa leggi?" "SCHELLING". (Booom!!!)
Poi arrivi, non senza difficoltà, a pag. 40: "Scienza in generale - qualunque sia il suo contenuto - è una totalità che sta sotto la forma dell'unità. Cio è possibile solo nella misura in cui tutte le sue parti siano subordinate a una condizione, ogni parte, però, determini le altre solo nella misura in cui essa stessa è determinata da quell'unica condizione. Le parti della scienza si chiamano principi, questa condizione, perciò, si chiama principio. Pertanto la scienza è possibile solo mediante un principio".
Ok, (nel 2003) non sto capendo proprio tutto. Non tutto, ma... tre-quarti sì, dai.
E ti emozioni perché stai comunque leggendo di teoria della scienza, "epistemologia" signori, si sta parlando di possibili strutture comuni a tutte le scienze, si sta costruendo una sorta di "ontologia" del sapere. Brividi. Siamo nel jazz puro. Se vuoi "comporre" filosofia, questi sono i fondamenti dell'armonia, punto. Ok. Tutto bello. E' complesso, forse perché deve essere complesso... e cerchi di non dare la colpa a te se non capisci più di una cosa...
Ma i dubbi cominciano ad arrivare, a valanga.
Continuando a leggere... alcune frasi ti lasciano interdetto, altre le leggi 15 volte e non ne afferri manco la sintassi, figuriamoci il senso... Ridondanze volontarie di termini, astrazioni, osservazioni che ti suonano troppo iperteoriche, e non riesci a concettualizzarle, perché sono già "concetti di concetti"... E' metalinguaggio, metascienza... prima di essere linguaggio e scienza.
Due parole: porca puttxxxa.
Frasi come (all'incirca):
"Nell'Io c'è un Io che pone se stesso ma è come se in un solo Io ci fossero due Io-diversi ma in altro-da-sé"....
"Ponendo il Non-Io l'Io è condizione di incondizionatezza perché esso stesso si configura come l'assoluto-esser-posto, ma se ci fosse un terzo termine sarebbe un prodotto comune di entrambi , dove l'Io, come somma delle singole condizioni si mostra congiuntamente condizionato da un Sé ma con forma e contenuto che si condizionano reciprocamente...".
OOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOH
A un certo punto ti chiedi: Schelling, ma niente niente mi stai prendendo per il culo???? Che caxxo mi stai dicendo???? Cosa mi vuoi spiegare con tutto questo strologare incomprensibile??? Senza pietà per chi ti legge, porco di quel... !!!
E allora telefoni i tuoi compagni di corso. E scopri che stanno tutti nella tua stessa situazione. Un tuo amico, dopo aver letto le prime 10 pagine, ha già pensato di optare per scienze politiche; qualcun altro si dispera perché non trova un caxxo su internet... un'introduzione, un riassunto del cavolo, niente... eh già... perché 'sto libro, nel 2003, era stato pubblicato per la prima volta in italiano, come inedito di Schelling, ergo: nessuno, prima di noi, aveva mai conosciuto né avrebbe mai potuto scrivere qualcosa su quest'opera.
Sfiga a livelli altissimi. Siamo noi le cavie, quelli che il libro lo devono sondare prima di tutti...
Continui a leggerlo. E' italiano, sì, ma è come se fosse arabo, o finlandese antico, oppure finlandese antico scritto da un cinese analfabeta. Frustrazione al limite. Hai diciannove anni e NON sei Schelling. Perché forse 'sto cazzo di libro l'ha capito solo chi l'ha scritto: Schelling, appunto.
Gli pigliasse un colpo dov'è ora.
Il corso di "Filosofia teoretica" finì, e arrivò, per tutti noi, la data dell'esame. Quasi tutti decidemmo di farlo / provarlo al primo appello, perché tutto questa storia finisse più in fretta possibile... sì, perché a un certo a punto... con questo libro avevamo cominciato una sorta di accanimento terapeutico... Lo studiavamo a oltranza ormai, senza più capire una minchia... e cominciavano a sbiadire anche quelle poche cose che eravamo riusciti a comprendere...
Bisognava staccare la spina. Eutanasia d'urto, l'unica soluzione per un esame del genere.
All'esame, beh... le parole dell'assistente - che presiedeva alle nostre verifiche orali - furono tutte un programma:
"Ragazzi, ci siamo resi conto, insieme al docente, di aver scelto per voi un libro alquanto complesso, che richiede dei prerequisiti ben più ampi, e quindi certamente NON adatto alle matricole... Ci dovete scusare..."
Morale della favola: 30 politico, a tutti, o perlomeno è quello che ci sembrò, anche se ciò non fu mai dichiarato espressamente, e con tante scuse "dalla Direzione". L'unico esame di cui, all'epoca, non capimmo una mazza, nonché l'unico esame che ci hanno, come dire, "regalato". Anche perché gli altri 50, in 5 anni, ce li siamo sudati a sangue e... quelli sì che hanno contruibuito seriamente alla nostra formazione. 50 esami, tra grandi e piccoli, per noi cavie dell'infelice riforma Berlinguer-Moratti-Gelmini, in ordine di degenerazione (purtroppo ancora in corso su tutti i fronti dell'istruzione).
Schelling, meno male che dopo, quando il tuo nome è ritornato in altri esami, hai guadagnato punti con le opere della maturità. Ancora oggi la tua "Filosofia della mitologia" è uno dei più bei libri che credo di aver letto.
Cosa mi rimane oggi del tuo primissimo libro, quello che ci toccò studiare da matricole?
Mi rimane... tutto. Sia la rabbia di non capirlo, nel lontano 2003, sia l'impressione molto positiva che riesce a darmi oggi. Segno che, in tutto questo tempo, qualcosa di filosofia l'avrò capito.
"Sulla possibilità di una forma della filosofia in generale"...
No, non è uno scioglilingua, ma una breve e pregnante e densissima opera, con cui uno dei più grandi rappresentanti del pensiero occidentale iniziò la sua carriera accademica, IL libro in cui affrontò con giovanile entusiasmo il tema dell'innalzamento della filosofia a scienza della costruzione del sapere umano.
"Epistemologia" signori, puro jazz.
Hai capito 'sto Schelling...
Francesco Macaluso
No, non è uno scioglilingua, bensì il titolo di un libro, un libro breve a dir la verità, che a noi matricole di filosofia, all'Università di Salerno, ci toccò studiare nel lontano 2003... L'esame era "Filosofia teoretica", tra i primi esami del primo anno... vale a dire tra quelli fondamentali, propedeutici, quegli esami di cui non puoi fare a meno, perché son proprio questi a doverti dare l'impianto teorico per affrontare tutti gli altri, predisponendo così la mente a un nuovo e più ponderato modo di apprendere, ragionare, analizzare, affermare e sondare la realtà che circonda o quella storica. Quindi: teoria sì, ma tutta immediatamente calata nel mondo concreto e reale, complesso e variegato... per trarre conclusioni, osservazioni critiche, soluzioni, ipotizzare-prevedere-prevenire nuovi scenari... Nulla di più concreto.
Poi va beh, chi è legato all'immagine del filosofo con la testa tra le nuvole e staccato dal mondo, diciamo pure che non ha mai letto una pagina di filosofia in tutta la sua vita. Non che sia obbligatorio farlo, ci mancherebbe... ma almeno, se non hai conoscenze a riguardo, abbi almeno l'intelligenza di non pensare per luoghi comuni vomitando frasi idiote, no?
Una matricola di filosofia è di per sé una persona coraggiosa, studiosa, e nella maggior parte dei casi ha scelto di fare filosofia perché ha maturato una profonda idea del mestiere di insegnante, e vorrebbe fare dell'insegnamento il suo lavoro della vita, con uno sfondo umano sempre vivo e presente. "Insegno storia e filosofia": già poterlo dire è bellissimo...
Ok. Tutte belle parole e bei concetti, che ancora oggi condivido e sostengo.
Ma 'sto libro? Vogliamo parlare di come ci ha fatto penare?
Se a distanza di 10 anni quest'opera si fa ricordare ancora è perché a suo tempo ci diede 76 paginette di motivi... Sì, questo libro ha solo 76 pagine, almeno nell'edizione italiana.
Già sul titolo si potrebbe fare una tesi a parte, ma dal profondo del cuore ve la risparmierei.
"Sulla possibilità di una forma della filosofia in generale" fu scritto e pubblicato da Friedrich Schelling nel 1794, a Tubinga, a soli 19 anni.
Già a diciannove anni "questo" scrisse la sua prima opera filosofica.
E io, nel 2003, sempre a 19-20 anni, l'ho letto invece per la prima tormentata volta.
Ora, tu, matricola di 19 anni, con tutta la buona volontà e i buoni prerequisiti che sai comunque di avere, una cosa è certa: NON hai ancora tutte le capacità per capire lo spessore e la complessità (pazzesca) di certe opere di filosofia, e questa di Schelling può costituire uno schock... un trauma da raccontare al tuo amico-studente di psicologia magari. Non sto esagerando.
Oggi, rileggendolo, da laureato magistrale, l'impressione è stata molto diversa, in positivo ovviamente, seppur con qualche residua reticenza, ma... immaginiamo ancora di essere una "povera" matricola...
Siamo nel 2003... e compri 'sto libro perché te lo devi studiare. Ok. Costa 7 euro. Dai, è pochissimo, già ti sta simpatico. In copertina c'è un'immagine, la sfinge di Nimrud, un reperto antico del Medio Oriente. Bello. C'entra pochissimo con l'argomento del libro magari, però c'è un certo gusto raffinato.
Lo apri. E scopri che fa parte di una collana di "Quaderni filosofici", diretta da...
Dal tuo docente.
Lo stesso che ti sta spiegando la lezione, lo stesso che ti spremerà all'esame.
Caxxo, pensi, qui si fa sul serio.
Sotto il titolo del libro, ancora oggi leggo quello che scrissi a matita... un solo aggettivo... "Cerebrale": fu come un responso, annotato lì, dopo averlo letto tutto.
E studiamolo allora, mi dissi fiducioso.
E allora... lo leggo, lo sottolineo, continuo a leggere...
La lettura non è facilissima, ma già ringrazio di poterlo leggere in italiano: pensa in originale, in tedesco... come sarebbe stato. Ti rendi conto che non stai leggendo Dan Brown (meno male), e che non è un "libro da ombrellone".
T'immagini al mare? "Cosa leggi?" "SCHELLING". (Booom!!!)
Poi arrivi, non senza difficoltà, a pag. 40: "Scienza in generale - qualunque sia il suo contenuto - è una totalità che sta sotto la forma dell'unità. Cio è possibile solo nella misura in cui tutte le sue parti siano subordinate a una condizione, ogni parte, però, determini le altre solo nella misura in cui essa stessa è determinata da quell'unica condizione. Le parti della scienza si chiamano principi, questa condizione, perciò, si chiama principio. Pertanto la scienza è possibile solo mediante un principio".
Ok, (nel 2003) non sto capendo proprio tutto. Non tutto, ma... tre-quarti sì, dai.
E ti emozioni perché stai comunque leggendo di teoria della scienza, "epistemologia" signori, si sta parlando di possibili strutture comuni a tutte le scienze, si sta costruendo una sorta di "ontologia" del sapere. Brividi. Siamo nel jazz puro. Se vuoi "comporre" filosofia, questi sono i fondamenti dell'armonia, punto. Ok. Tutto bello. E' complesso, forse perché deve essere complesso... e cerchi di non dare la colpa a te se non capisci più di una cosa...
Ma i dubbi cominciano ad arrivare, a valanga.
Continuando a leggere... alcune frasi ti lasciano interdetto, altre le leggi 15 volte e non ne afferri manco la sintassi, figuriamoci il senso... Ridondanze volontarie di termini, astrazioni, osservazioni che ti suonano troppo iperteoriche, e non riesci a concettualizzarle, perché sono già "concetti di concetti"... E' metalinguaggio, metascienza... prima di essere linguaggio e scienza.
Due parole: porca puttxxxa.
Frasi come (all'incirca):
"Nell'Io c'è un Io che pone se stesso ma è come se in un solo Io ci fossero due Io-diversi ma in altro-da-sé"....
"Ponendo il Non-Io l'Io è condizione di incondizionatezza perché esso stesso si configura come l'assoluto-esser-posto, ma se ci fosse un terzo termine sarebbe un prodotto comune di entrambi , dove l'Io, come somma delle singole condizioni si mostra congiuntamente condizionato da un Sé ma con forma e contenuto che si condizionano reciprocamente...".
OOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOH
A un certo punto ti chiedi: Schelling, ma niente niente mi stai prendendo per il culo???? Che caxxo mi stai dicendo???? Cosa mi vuoi spiegare con tutto questo strologare incomprensibile??? Senza pietà per chi ti legge, porco di quel... !!!
E allora telefoni i tuoi compagni di corso. E scopri che stanno tutti nella tua stessa situazione. Un tuo amico, dopo aver letto le prime 10 pagine, ha già pensato di optare per scienze politiche; qualcun altro si dispera perché non trova un caxxo su internet... un'introduzione, un riassunto del cavolo, niente... eh già... perché 'sto libro, nel 2003, era stato pubblicato per la prima volta in italiano, come inedito di Schelling, ergo: nessuno, prima di noi, aveva mai conosciuto né avrebbe mai potuto scrivere qualcosa su quest'opera.
Sfiga a livelli altissimi. Siamo noi le cavie, quelli che il libro lo devono sondare prima di tutti...
Continui a leggerlo. E' italiano, sì, ma è come se fosse arabo, o finlandese antico, oppure finlandese antico scritto da un cinese analfabeta. Frustrazione al limite. Hai diciannove anni e NON sei Schelling. Perché forse 'sto cazzo di libro l'ha capito solo chi l'ha scritto: Schelling, appunto.
Gli pigliasse un colpo dov'è ora.
Il corso di "Filosofia teoretica" finì, e arrivò, per tutti noi, la data dell'esame. Quasi tutti decidemmo di farlo / provarlo al primo appello, perché tutto questa storia finisse più in fretta possibile... sì, perché a un certo a punto... con questo libro avevamo cominciato una sorta di accanimento terapeutico... Lo studiavamo a oltranza ormai, senza più capire una minchia... e cominciavano a sbiadire anche quelle poche cose che eravamo riusciti a comprendere...
Bisognava staccare la spina. Eutanasia d'urto, l'unica soluzione per un esame del genere.
All'esame, beh... le parole dell'assistente - che presiedeva alle nostre verifiche orali - furono tutte un programma:
"Ragazzi, ci siamo resi conto, insieme al docente, di aver scelto per voi un libro alquanto complesso, che richiede dei prerequisiti ben più ampi, e quindi certamente NON adatto alle matricole... Ci dovete scusare..."
Morale della favola: 30 politico, a tutti, o perlomeno è quello che ci sembrò, anche se ciò non fu mai dichiarato espressamente, e con tante scuse "dalla Direzione". L'unico esame di cui, all'epoca, non capimmo una mazza, nonché l'unico esame che ci hanno, come dire, "regalato". Anche perché gli altri 50, in 5 anni, ce li siamo sudati a sangue e... quelli sì che hanno contruibuito seriamente alla nostra formazione. 50 esami, tra grandi e piccoli, per noi cavie dell'infelice riforma Berlinguer-Moratti-Gelmini, in ordine di degenerazione (purtroppo ancora in corso su tutti i fronti dell'istruzione).
Schelling, meno male che dopo, quando il tuo nome è ritornato in altri esami, hai guadagnato punti con le opere della maturità. Ancora oggi la tua "Filosofia della mitologia" è uno dei più bei libri che credo di aver letto.
Cosa mi rimane oggi del tuo primissimo libro, quello che ci toccò studiare da matricole?
Mi rimane... tutto. Sia la rabbia di non capirlo, nel lontano 2003, sia l'impressione molto positiva che riesce a darmi oggi. Segno che, in tutto questo tempo, qualcosa di filosofia l'avrò capito.
"Sulla possibilità di una forma della filosofia in generale"...
No, non è uno scioglilingua, ma una breve e pregnante e densissima opera, con cui uno dei più grandi rappresentanti del pensiero occidentale iniziò la sua carriera accademica, IL libro in cui affrontò con giovanile entusiasmo il tema dell'innalzamento della filosofia a scienza della costruzione del sapere umano.
"Epistemologia" signori, puro jazz.
Hai capito 'sto Schelling...
Francesco Macaluso