La retrospettiva di ogni grande corrente di pensiero, proprio per il suo elevato spessore, è sempre in qualche modo controversa, fino a creare marcate divisioni tra i suoi stessi seguaci.
Ne è un chiaro esempio la filosofia di Marx. Verso la fine del XIX secolo l'impianto teorico marxiano ebbe numerose riletture dal punto di vista sia politico che filosofico.
Karl Kautsky (1854-1938), che pure - al pari di Marx - considerava inevitabile la fine della società capitalistica e il suo superamento nel socialismo, sosteneva per contro che questa "transizione storica" dovesse essere intesa più in termini di una naturaleevoluzione, piuttosto che il frutto di una rottura rivoluzionaria. Questo rifiuto dello "scontro frontale", della "violenza", se così si può dire, pose Kautsky in netta opposizione con le idee di Lenin e Trotskij, sostenitori, invece, della cosiddetta "dittatura del proletariato", animati dalla convinzione che solo la rivoluzione potesse essere il motore della storia e condurre a un cambiamento sociale... (---> 1917: Rivoluzione bolscevica).
Anche con Eduard Bernstein non mancarono frizioni intellettuali. Quest'ultimo, il principale interprete della corrente revisionista delle idee marxiane, respingeva la necessità della rivoluzione e della dittatura del proletariato, ritenendo che il compito del socialismo dovesse essere di tipo etico,
non violento. Bernstein attesta al capitalismo la facoltà di migliorare le condizioni del proletariato, pur non eliminando le ingiustizie; per questo il capitalismo, secondo la visione revisionista, dovrebbe lasciar cadere l'idea di lotta di classe (lo "scontro" tra proletari e borghesi) auspicando invece a una politica di collaborazione tra le classi, a un'osmosi sociale tra le istituzioni borghesi e la struttura produttiva della classe operaia.
Il già citato Lenin, su posizioni più radicali, poneva il concetto di "materialismo dialettico" (cit. Marx) al centro del suo pensiero rivoluzionario ("dialettico" qui è da intendersi come "in netta opposizione", "contrapposizione"). Il materialismo dialettico si identifica come una "filosofia della storia", basata sulla convinzione che il sistema capitalistico rechi già in sé i sintomi della sua imminente implosione, aprendo la strada all'avvento del comunismo...
Più vicine alle idee di Lenin sono certamente quelle dell'ungherese G. Lukacs (1885-1971), che "rilegge" Marx alla luce di Hegel... e sempre in Lukacs, infatti, ritroviamo espressioni che ci riportano alla dialettica hegeliana... per esempio nell'idea che la storia sia una totalità di specifiche forme di oggettività (vale a dire gli sfondi storici e sociali che determinano e identificano ciascun periodo storico), e il risultato oggettivo, per l'appunto, di ogni processo sociale... non può essere altro che l'auto-emancipazione umana.
Sul versante italiano, Gramsci precisava che la supremazia sociale di un gruppo non si doveva manifestare solo attraverso il dominio e la coercizione, ma anche tramite la capacità di "direzione ideale", di direzione - cioè - intellettuale e morale nei confronti delle altre classi, alleate e/o subalterne. Un gruppo rivoluzionario, dunque, per Gramsci, necessariamente deve già essere "al potere" anche se solo in termini di direzione ideale, e solo dopo può aspirare al potere effettivo... Tale gruppo deve PRIMA conquistare i punti strategici della società civile - scuola, chiesa, partiti, sindacati, stampa, cinema - e solo DOPO, quando è riuscito a permeare tutto il sostrato sociale, può porre le premesse e le condizioni per diventare la forza governativa dominante.
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Ripenso a questi concetti... e guardo all'attualità, al nostro "Bel Paese"...
Guardo l'Italia di oggi, per riesaminarla attraverso "le idee di ieri"...
Rivoluzione, società civile, direzione ideale...
... Quale direzione? Quale rivoluzione?
Francesco Macaluso